15 aprile 2007

ITACA e IL MONDO POETICO di FRANCESCO AGRESTI






Un libro diventa prezioso quando nel rileggerlo provi nuove emozioni.

"Itaca", l'isola impossibile di Francesco Agresti, appartiene a questo genere di libri.
Il poemetto in versi a due voci ha come protagonisti Ulisse e Circe.
Ulisse sente nel profondo la lontananza della terra d'origine, ma nel contempo l'impossibilità di un approdo, dell'ultimo e definitivo approdo della vita di ciascun uomo.
Quando pensiamo di essere giunti alla meta, questa si allontana, diventa impossibile, perché nuovi ostacoli sbarrano il nostro anelito alla felicità.
Circe è l'alter ego di Ulisse. "La mia vita è un sussulto perenne tra magmatici paesaggi di un mondo sfinito". E Ulisse risponde: "Tra fiordi dissonanti e senza vita, tra mari nauseabondi ed acque fonde si consuma il navigar tra queste rive". Le rive del destino che sovrasta e determina il nostro essere al mondo. Il destino che spinge gli equipaggi su imbarcazioni che non giungono a destinazione se non come "casse putrefatte e smorte", mentre si consuma "l' ineluttabile succedere del tutto".
Itaca è, per Francesco Agresti, metafora poetica del nostro esserci nel mondo. Non c'è Ulisse che vince sugli altri compagni di viaggio. Così come Circe non è più, e solo, maga, ma interprete dolente del mondo bestiale che crede, allusivamente, di governare.
Sia Ulisse che Circe si interrogano sull'esistenza dell'uomo, sulle sue pulsioni e sulle sue debolezze.
L'isola, difficile da raggiungere, sfugge alle visibili e umane 'epifanie'. Il mito dell'eroe greco si carica, nel poemetto di Agresti, di nuove simbologie. Il viaggio contrastato dagli dei non è solo viaggio di conoscenza e di realtà geografiche inesplorate, ma esperienza dolorosa del mistero dell'esistenza nel magma inestricabile di un mondo oscuro.
Tutti siamo fatalmente lontani dall'isola impossibile, dall'attuare i sogni che forse potrebbero persuaderci a vivere e ad attraversare i guati delle passioni divoranti, o degli affetti irrisolti.
Il poemetto di Francesco Agresti ci suggerisce tutto questo. E "ogni voce, suono, o canto...è un puro germoglio di poesia".

Maria Elvira Ciusa Romagna

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