10 ottobre 2006

Il perché di un premio di poesia intitolato a Pier Paolo Pasolini



In un momento come quello attuale, caratterizzato da un forte disagio esistenziale, ed in cui da più parti si va tentando con sempre maggiore accanimento di relegare la poesia tra i cosiddetti generi minori, se non addirittura futili, della letteratura, convinti più che mai della funzione insostituibile esercitata da questo indispensabile strumento creativo e formativo nell'ambito della nostra stessa civiltà occidentale, grazie al quale intere generazioni di giovani sono state aiutate a capire se stesse ed il mondo circostante, modellandone spesso anche i comportamenti sociali e la loro stessa libertà di coscienza, con Alessio Brandolini, Martha Canfield, Biancamaria Frabotta e Dacia Maraini, abbiamo deciso di istituire un premio internazionale di poesia dedicandolo a Pier Paolo Pasolini a circa trent'anni dalla sua tragica scomparsa, avvenuta ad Ostia nella notte tra il primo ed il due novembre del 1975.
Una scelta obbligata quella di Pasolini, non fosse altro per la dirompente attualità dei suoi versi e per tutto quanto il grande poeta di Casarsa è riuscito a rappresentare nel corso della sua tormentata esistenza. Pasolini, in uno dei momenti più controversi della nostra storia, è stato il compagno fraterno di intere generazioni. Interprete lucido e solitario dei mali della società italiana, è riuscito a cogliere, da poeta, quella realtà che, troppo spesso, è sfuggita a politici, analisti, educatori, burocrati ed operatori sociali. Nostro unico intendimento è quello di trasmettere ai giovani, con la sola arma della poesia, il senso del suo disperante amore per la vita, poiché, come ebbe a scrivere Carlo Bo in occasione della sua morte, "Pasolini è stato il poeta della miseria umana. E l'impazienza e la furia della polemiche, che caratterizzavano i suoi interventi settimanali sulle pagine del Corriere nei suoi ultimi anni di vita, lasciavano trapelare il volto del nemico contro cui si batteva. Pasolini ha sentito venire la morte ed ha visto le mani di chi lo avrebbe colpito e schiacciato. Per questo i suoi scritti corsari sono stati profetici. Col tempo si comprenderà meglio il significato ed il timbro della sua voce. Oggi possiamo dire che la sua vita non è stata un gioco e che la sua morte violenta ha dato un altro spessore al suo discorso poetico, iniziato nella pace di un paese friulano e chiuso nella rabbia omicida della nuova Roma.
Pasolini, in una stagione caratterizzata dall'egoismo e dalla violenza, triste presagio di quella attuale, è stato uno dei pochi uomini ad avere il coraggio della propria natura, oltre che dei propri pensieri e delle proprie azioni. E' stato, quindi, uno dei pochi veri testimoni del nostro tempo ed è stato lo scrittore che più di ogni altro aveva rifiutato di evadere dalla realtà italiana. Per lui, la letteratura, l'arte, la poesia altro non erano che impegno umano. Tutta la realtà lo commuoveva. Ed è soprattutto attraverso tale commozione che gli artisti ed i poeti vedono ciò che agli altri sfugge.
Pasolini ha voluto pagare di persona la sua difficile scelta di essere contro.
Ecco, questo premio non vuole essere una celebrazione, o una sorta di classificazione o catalogazione della vita, o dell'opera di Pasolini, ma un impulso, o meglio, un anello di congiunzione, attraverso il linguaggio della poesia, tra una realtà storica, quella del secondo dopoguerra, quando erano ancora forti i miti che ci legavano alla civiltà contadina - per certi versi ancora quella dei Greci - che aveva visto in Pasolini il suo cantore più disperato e lucido, ed il nostro futuro prossimo, per cercare di superare, tutti insieme, quella stagione del malessere, che ci ha tormentato, e ci tormenta, da fin troppo tempo, con incomprensioni, ingiustizie, malanimi, per proiettarci, con piena coscienza civile nel terzo millennio, consapevoli, più che mai, del sacrificio personale di un uomo che alla sua arte forse aveva chiesto troppo, ma che aveva già messo nel conto tutto il peso della sua amara esistenza.

Francesco Agresti

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